14 Febbraio 1956 – XX Congresso del Partito Comunista dell’Unione Sovietica

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Dopo la morte di Stalin ( Marzo 1953) nel campo socialista si avviò un relativo processo di liberalizzazione. Anche la stessa figura di Stalin era destinata a subire, in tale contesto, un processo di revisione politica e storica.  Questo  fu quanto accade nel corso del XX Congresso del Partito Comunista dell’Unione Sovietica apertosi a Mosca il 14 Febbraio 1956.

L’indubbio protagonista del Congresso fu il Segretario Nikita Chruščëv. Ad apertura dei lavori, Chruščëv presentò un vasto rapporto di 104 pagine (il discorso durò circa sette ore) in cui, significativamente, il nome di Stalin venne pronunciato una sola volta ed attaccò il “culto della personalità” contrario alla dottrina marxista e che fa “di qualsiasi capo, un eroe, un taumaturgo”. La vera condanna alla figura di Stalin, tuttavia, Chruščëv la terrà qualche giorno dopo, il 25 Febbraio, in un rapporto segreto durante una seduta a porte chiuse.

Strategicamente, nel rapporto di apertura Chruščëv lanciò l’idea del “campo socialista” composto da URSS, Cina, Vietnam e democrazie popolari dell’Europa orientale, alludendo alla possibilità di “vie nazionali di sviluppo del socialismo”. Si ricuciva cosi lo strappo con l’eterodossia della Jugoslavia che vedeva finalmente riconosciuta la propria posizione all’interno del blocco dopo l’espulsione dal Cominform nel 1948.

I delegati italiani al XX Congresso erano Palmiro Togliatti e Mauro Scoccimaro.