28 Ottobre 1922 – Marcia su Roma

Per arrivare al potere Benito Mussolini aveva un piano chiaramente definito: creare uno stato d’agitazione perenne non attraverso la violenza estrema delle precedenti “spedizioni punitive” ma con minacce di rivolta espresse attraverso l’organizzazione di grandi adunate più o meno armate.

Mentre, pertanto, il Mussolini deputato pronuncia alla Camera sin dal 1921 dei discorsi moderati e pacati, il Partito fascista si dedica solerte all’organizzazione di queste adunate nelle principali città italiane.

Il 20 ottobre 1922 un quadrumvirato agli ordini di Mussolini organizzò una grande marcia che da Nord a Sud avrebbe dovuto portare migliaia di militanti fascisti nella capitale italiana.  Era la Marcia su Roma, entrata nell’immaginario collettivo come il momento di instaurazione della dittatura fascista in Italia.

Quando il 28 Ottobre i fascisti arrivarono a Roma la minaccia che essi portarono alle istituzioni liberali appariva risibile ai molti. La marcia fu infatti effettuata da circa 26.000 uomini male armati mentre a difesa della capitale vi erano 28.000 soldati. Se il Re Vittorio Emanuele III  avesse dichiarato lo stato di assedio l’esercito avrebbe certamente obbedito al decreto regio. Tuttavia, sia per pressioni interne (il fascismo godeva infatti di ampie connivenze nell’amministrazione pubblica), sia per generali questioni politiche il re preferì capitolare ed il giorno seguente convocò Mussolini per incaricarlo di formare un nuovo governo.  Mussolini era infatti a quel tempo considerato un elemento interno al sistema istituzionale liberale che, seppur con modi non ortodossi, sarebbe riuscito a dare quella scossa politica che  da più parti veniva richiesta.

Mussolini giunse dunque al potere più con l’intimidazione che con la forza e stabilì la sua dittatura in maniera progressiva. Era un drammatico cambiamento nella storia italiana che, tuttavia, sfuggì a molti dei contemporanei.

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